Il blog per i Coordinatori per la Sicurezza in fase di Progettazione ed Esecuzione

Direttiva sulla privacy

Dopo il documento della Rete delle Professioni Tecniche, che abbiamo già preso in considerazione nei giorni scorsi, il Vademecum dell'Ordine degli Ingegneri di Roma, il saggio e ponderato articolo del geom. Stefano Farina  (Consigliere Nazionale AIFOS) pubblicato su PuntoSicuro e la circolare della Regione Friuli Venezia Giulia che autorizza la sospensione dei cantieri nei quali non è possibile garantire condizioni di assoluta sicurezza, è stato pubblicato ieri un Protocollo Ministeriale e le relative regole che caricano imprese e CSE, in forma ufficiale, di gravose responsabilità.

Il protocollo citato è stato pubblicato il 19/03/2020 sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, a seguito della condivisione delle relative indicazioni con Anas S.p.A., RFI, ANCE, Feneal Uil, Filca – CISL e Fillea CGIL.

Probabilmente a seguito di sollecitazioni da parte di numerosi portatori di interesse del settore dell’edilizia, il Protocollo “generale” pubblicato il 14 marzo 2020, è stato considerato non sufficientemente dettagliato e/o direttamente applicabile al settore delle opere pubbliche e dell’edilizia, per cui, a garanzia dell’adozione di misure uguali per tutta la popolazione, sono state date disposizioni specifiche con questo documento.

Rispetto a quello del 14 marzo, “sottoscritto su invito del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell’economia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della salute, che hanno promosso l’incontro tra le parti sociali” e con la chiosa che “Il Governo favorisce, per quanto di sua competenza, la piena attuazione del Protocollo”, il nuovo documento ha una premessa molto più snella (scarna?) e l’unico Ministero coinvolto è quello delle Infrastrutture e Trasporti (che non aveva “sollecitato” l’incontro per il protocollo precedente) e il governo sembra non essere esplicitamente coinvolto nella sua attuazione.

Sospensione delle lavorazioni o dei lavori?

La prima novità del protocollo, rispetto a quanto espresso precedentemente da più fonti, è la raccomandazione a sospendere “quelle lavorazioni che possono essere svolte attraverso una riorganizzazione delle fasi eseguite in tempi successivi senza compromettere le opere realizzate”.

A pensar male, forse non è casuale l’impiego della locuzione “lavorazioni” in luogo di quella “lavori”. Ovvero, la sospensione delle singole lavorazioni non comporta automaticamente la sospensione dei lavori del cantiere, consentendo la prosecuzione delle altre lavorazioni, nonché il procedere dei tempi contrattuali per l’esecuzione delle opere (che così non si fermano formalmente, con grande soddisfazione di tutti). Inoltre, la sospensione delle singole lavorazioni è possibile anche da parte del solo coordinatore per la sicurezza, mentre la sospensione dei lavori comporta l’assunzione di responsabilità del direttore dei lavori e del committente/RdL/RUP. Ma in questo periodo non possiamo malignare sui vocaboli, quindi tralasciamo questo aspetto.

Anche perché due giorni prima, il 17 marzo, l’art. 91 del Decreto-Legge 18/2020 stabiliva che “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.” Tradotto in parole povere, se mi consegnerai in ritardo l’opera, io ente pubblico valuterò se applicarti o meno la penale considerando che in questo periodo hai subito dei ritardi a causa dei vincoli che ti sono stati imposti a tutela della salute pubblica. Cioè, non ti sospendo i lavori, ma alla fine poi valuteremo se i ritardi che hai accumulato per rispettare le disposizioni di legge a tutela del bene sommo della salute della popolazione (e non solo dei tuoi lavoratori, che già sarebbe comunque abbastanza) sono giustificati da queste disposizioni o se, secondo me, potevi continuare a lavorare.

Forse questo protocollo è stato condiviso a seguito delle continue e pressanti sollecitazioni di ANCEOICE per una disposizione formale e generale di chiusura temporanea dei cantieri, e quindi sconta qualche errore linguistico dovuto alla fretta. Sta di fatto che, a fronte di n figure che hanno responsabilità in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (che fine avrà fatto ad esempio il committente “deus ex machina della sicurezza del cantiere”, come ci dicevano i big fino a pochi giorni fa?), sono coinvolti nei provvedimenti del protocollo solo i lavoratori, i datori di lavoro e i coordinatori per la sicurezza. E fa specie comunque che non si faccia menzione del lavoratore e del suo diritto a non prestare un’attività lavorativa che considera a rischio per pericolo grave ed immediato (D.Lgs. 81/08, art. 44). Una pandemia dichiarata, con instaurazione di vincoli stringenti per il comportamento di tutta la popolazione, forse è meno immediatamente percepibile di un incendio, ma forse citare qualche diritto in più, anzichè procedere alla semplice elencazione di doveri, sarebbe stato opportuno.

Un dubbio sorge al termine del terzo paragrafo, dove si parla di “titolari del cantiere”, espressione che in sé non avrebbe un significato compiuto, a meno che non la leggiamo in relazione al seguito “tutti i subappaltatori e subfornitori presenti nel medesimo cantiere”, per cui, forse, il soggetto titolare del cantiere è da intendere come l’impresa affidataria.

Il documento procede stabilendo che le imprese possono disporre la riorganizzazione del cantiere e del cronoprogramma delle lavorazioni (ma in quale cantiere, privato ma soprattutto pubblico, un’impresa può anarchicamente stabilire quando e cosa fare, indipendentemente da pareri terzi, del direttore dei lavori in primis, ma anche del committente e del CSE?).

Gli obblighi del CSE

A valle ed oltre a ciò, vengono introdotti obblighi a carico del CSE, non solo di aggiornamento del PSC (ma da quando, e ripetiamo quanto già scritto da ben più illustri colleghi e cultori della legge, un rischio sanitario derivante da una pandemia, è rischio specifico del cantiere o rischio interferenziale specifico del cantiere e quindi da gestire tramite disposizioni specifiche, tipiche esclusivamente di quel determinato cantiere?), ma anche di definizione di comportamenti cautelativi ulteriori rispetto a quelli definiti dalle autorità sanitarie nazionali (e, quindi, da esperti). Per far ciò, il CSE deve operare in cooperazione, non con il medico competente (col quale forse si rapporta l’impresa, ma ciò non è indicato nella parte relativa al rapporto impresa/medico competente) ma con le rappresentanze sindacali e il RLS/RLST. Diciamocelo, pensavamo di non essere in grado di prevedere compiutamente tutte le possibili interferenze del cantiere, a seguito della sua trasformazione nel tempo (e quindi i nostri PSC erano dei mega volumi, per poter ipotizzare tutto e il contrario di tutto); pensavamo anche di non riuscire ad essere presenti quando e quanto serviva, a svolgere funzioni di controllo e gestione che nessuno ha scritto che dobbiamo svolgere ma che gli enti di controllo ci hanno affibbiato per anni; pensavamo anche che lo stato dovesse/potesse sapere in quali luoghi ci sono ancora ordigni bellici inesplosi, quali eventi e modificazioni si sono susseguite in un’area, che possono portare a conseguenze per coloro che operano o transitano in una zona. Ci hanno detto, invece, che tutto questo lo dobbiamo sapere, ed adesso dobbiamo attrezzarci per sapere altro, non strettamente tecnico e non strettamente di cantiere (anzi per niente, considerando quanto sentito negli ultimi venti-trenta giorni), lo dobbiamo scrivere e poi, siccome compito del CSE è anche verificare, “con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento […] e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro”, nel rispetto delle disposizioni sulla riduzione degli spostamenti, del mantenimento delle distanze interpersonali e dell’effettuazione del lavoro agile quando possibile, dobbiamo verificare che tutti facciano quanto abbiamo scritto.

Ed anche, il CSE deve definire le tipologie di mascherine da impiegare in cantiere (da ricordare che viene richiesto di impiegarle secondo quanto indicato dall’OMS, che non ha previsto un uso generico protettivo, bensì che le mascherine vanno impiegate da chi è malato o cura un malato; che, con il D.L. n. 9 del 02/03/2020 sono state equiparate a DPI le mascherine chirurgiche, od anche altre mascherine prodotte senza essere soggette ai controlli previsti per i DPI; che l’uso delle mascherine prevede formazione ed addestramento specifico, durante il quale è fermamente stabilita la necessità di una perfetta tenuta del DPI, cosa che è impossibile con le mascherine chirurgiche). Quali mascherine potrò io definire necessarie e in quali attività, se le indicazioni sono contrastanti ed anzi, in base alla formazione ricevuta finora, ho il consistente dubbio che nessuna delle mascherine disponibili al momento sia adeguata (a prescindere dalla disponibilità, che è altra questione)?

Più oltre, nel documento, si prevedono altri possibili dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, ecc. ma cuffie di che tipo e a protezione da quale rischio? Anche questi dovranno essere definiti dal CSE, si presume), comportamenti per l’accesso a spazi comuni e per la gestione del personale esterno (fornitori ad es.). Ma è anche previsto che il CSE definisca i comportamenti da mettere in atto (isolamento, ad es.) in caso di presenza di persone con temperatura elevata o sintomi febbrili. Cioè, il CSE non deve verificare che in cantiere sia disponibile un vano per l’isolamento, ma deve definire come comportarsi in presenza di un addetto verosimilmente infetto/malato. Quali competenze ha un CSE per definire tutto ciò? Quali mezzi ha il CSE, anche, per verificare, per poi attestarlo, che in zona non sono disponibili strutture ricettive disponibili per i lavoratori che necessitano di pernottamento, che non è possibile farsi portare pasti caldi in cantiere, che non è possibile l’approvvigionamento di materiali, mezzi, attrezzature e maestranze funzionali alle specifiche attività del cantiere?

Tralasciamo poi altri due aspetti, trascurati dal ministero nella foga di stabilire a quali condizioni si può continuare a lavorare, ovvero:

  • le attività in cantiere non vengono sospese dall’impresa ma dal direttore dei lavori (che non è citato nel provvedimento);
  • implementare i costi della sicurezza con i costi dei provvedimenti definiti nel PSC a garanzia della sicurezza dei lavoratori significa modificare il costo dell’appalto, ovvero introdurre una variante. Il CSE non ha il potere di proporre varianti, cosa che invece è in capo al direttore dei lavori (che anche per questo aspetto non risulta coinvolto), che la propone al committente/RdL/RUP, che la accetta o la rigetta.

Gli obblighi dell'impresa

Per quanto riguarda il datore di lavoro dell’impresa, la sua posizione non esce molto tutelata da questo documento.

Oltre a incentivare il lavoro agile ove possibile (quante delle imprese medio piccole italiane possono pensare al lavoro agile dei propri addetti con mansioni tecniche, considerando che i tecnici diplomati, ma spesso anche laureati, di solito operano molto parzialmente in ufficio e per la maggior parte del proprio tempo in cantiere? Ricordiamo che la dimensione media delle imprese edili italiane è pari a 2.6 addetti), a quanto già citato sopra, e ad un certo numero di adempimenti formali, il datore di lavoro dell’impresa deve:

  • provvedere a far misurare la temperatura corporea al personale (personalmente o tramite, al massimo, il medico competente, dato che altrimenti esporrebbe a rischio di contagio un lavoratore, e di ciò sarebbe quindi responsabile civilmente e penalmente);
  • implementare un sistema di registrazione anonimo dei dati, con anche comunicazione specifica delle modalità di trattamento dei dati personali, onde garantire la privacy delle persone (ma che privacy c’è per colui che si presenta in cantiere con 37.6 e viene isolato in attesa di provvedimenti? Forse i suoi colleghi non se ne accorgono?);
  • predisporre servizi igienici dedicati per fornitori/trasportatori, compresi di pulizia (e non solo nei cantieri di dimensioni maggiori, ovviamente);
  • incentivare l’uso dei mezzi propri negli spostamenti e farli detergere;
  • assicurare la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica (con periodicità da definire in collaborazione con medico competente, RSPP e RLS/RLST, senza alcuna indicazione “ufficiale” in materia) di luoghi e postazioni di lavoro, mezzi di trasporto, mezzi d’opera, compresi anche i distributori di bevande;
  • fornire attrezzature di lavoro individuali;
  • sanificare gli alloggiamenti del personale, anche quelli fuori del cantiere (quindi anche eventuali appartamenti in affitto per il personale; tempistica, come sopra);
  • fornire mezzi detergenti per le mani in prossimità delle aree di lavoro, per consentire il frequente e minuzioso lavaggio delle mani, e quindi anche durante l’esecuzione delle singole lavorazioni, nelle varie aree del cantiere;
  • rinnovare gli indumenti di lavoro di tutti i lavoratori;
  • provvedere all’acquisto dei DPI e trasmettere l’ordine al CSE nel caso in cui la fornitura, in tipologia e numero adeguato, non sia possibile;
  • collaborare con le Autorità sanitarie per l’individuazione degli eventuali “contatti stretti” qualora una persona presente in cantiere sia stata riscontrata positiva al tampone COVID-19;
  • fornire pasti caldi al sacco ai lavoratori (non è una contraddizione in termini – pasti caldi al sacco?).

È una circostanza eccezionale, imprevista e imprevedibile, per la quale tutti siamo impreparati, forse l’edilizia più degli altri settori. Ma proprio per questo sarebbero necessarie disposizioni dettagliate, scientificamente e tecnicamente supportate quanto più possibile ed anche, perché no, concretamente praticabili, con il coinvolgimento delle “persone dotate delle competenze giuste” e non sempre dei soliti noti.