Un impianto di videosorveglianza può essere installato per tre principali ragioni: sicurezza del lavoro; tutela del patrimonio aziendale; esigenze organizzative e produttive. La sentenza di Cassazione 1733/2020 conferma che non basta l'accordo con i lavoratori, ma occorre o l'accordo con le rappresentanze sindacali o l'autorizzazione dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Poichè un impianto di videosorveglianza, anche se installato ad es. per motivi di sicurezza del lavoro, si configura o può configurarsi come un sistema potenzialmente in grado di controllare a distanza l'attività dei lavoratori
La diseguaglianza di fatto, e quindi l'indiscutibile e maggiore forza economico-sociale dell'imprenditore, rispetto a quella del lavoratore, rappresenta la ragione per la quale la procedura codeterminativa sia da ritenersi inderogabile [...], potendo essere sostituita dall'autorizzazione della direzione territoriale del lavoro solo nel caso di mancato accordo tra datore di lavoro e rappresentanze sindacali, non già dal consenso dei singoli lavoratori, poiché, a conferma della sproporzione esistente tra le rispettive posizioni, basterebbe al datore di lavoro fare firmare a costoro, all'atto dell'assunzione, una dichiarazione con cui accettano l'introduzione di qualsiasi tecnologia di controllo per ottenere un consenso viziato, perché ritenuto dal lavoratore stesso, a torto o a ragione, in qualche modo condizionante l'assunzione.
Pertanto, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o in assenza di rappresentanze sindacali aziendali, come pure qualora le attività da sottoporre a videosorveglianza si esplichino in luoghi di lavoro ubicati in province diverse, è necessario richiedere l'autorizzazione all'installazione mediante la modulistica riportata sul sito dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro.